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Capodanno a teatro

Gustavo La Vita è un clown stanco e invecchiato, col suo pantalone largo, scarpe grosse e bretelle sulla sua canotta bianca, umile passeggia a passo lento in girotondo guardando il suo cagnolino, paziente e silente, che lo aspetta e lo accompagna nel suo mondo di bambino.
E’ questo il profilo di colui che ha incantato grandi e piccini in questo capodanno in scena a Pistoia al Funaro; la dolcezza e la curiosità sono sul suo viso sempre illuminato, che sia gioia o malinconia, come una piccola candela, un raggio di luna, fa brillare emozioni.
In Gustavo La Vita la leggerezza traina la forza della vita, si insinua in quel delicato equilibrio tra luci e ombre, le stesse che ognuno di noi ha dentro tra tormenti e gioie.
Chi lo ascolta riesce a sprigionare sorrisi dimenticando nostalgie e lacrime, dinanzi ad un clown che esorcizza il passato, alleggerisce il futuro, ma soprattutto fa vivere appieno il momento presente e il suo fluire, facendo dimenticare negli istanti della sua leggerezza, ogni tensione, timore e tristezza di un mondo che corre, che fa guerra, che uccide i sorrisi di bambini innocenti…
Gustavo non si arrende, con il suo sacco di juta, con dentro i sogni, i balli romantici, i palloncini e i calici di cristallo che arrivano al cielo su una scala di legno, con il suo Pedro cura le anime, insieme alla sua, che resistono nonostante le disillusioni… e gioca, si diverte ancora, dopo anni in giro per il mondo.
Andrea Farnetani non vuole saperne di spegnere quella luce, nel buio ci sa stare, per riempirlo di musica e poesia insieme a Valeria Di Felice, che con estrema empatia, lo accompagna senza mai lasciarlo, nota dopo nota, su un palcoscenico di fili trasparenti che si intrecciano senza mai inciampare.


Testo Felisia Toscano
Foto Maria Di Pietro

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L'Angelo della storia vincitore del Premio Ubu 2022 in scena al Bolognini di Pistoia

L’Angelo della storia si è appena aggiudicato il terzo oscar del teatro, il Premio Ubu 2022.
Portato in scena dalla compagnia Sotterraneo, con la regia di Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniela Villa, la compagnia nata a Firenze nel 2005 muove i fili attraverso le numerose possibilità linguistiche che il teatro offre riuscendo a restituire al pubblico uno spettacolo di riflessioni introverse.
Nato dall’ultimo lavoro del filosofo Walter Benjamin, il racconto ha come protagonista lo sguardo di un angelo che continua a dare le spalle al futuro che, non riesce a mettere insieme i cumuli di macerie e di edifici che si ritrova dinanzi agli occhi poiché una tempesta, o forse semplicemente il suo destino, continua a trascinarlo in un tumulto di accadimenti non ben definito che noi chiamiamo progresso.
Progresso, dal latino andare avanti, avanzare, nonostante il suo chiaro significato etimologico continua ad indicare una strada da percorrere all’indietro e non andando avanti; la narrazione teatrale, ineccepibile, dei cinque attori della compagnia, Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati e Giulio Santolini, dimostra palesemente come la storia tende a ripetersi, come sia possibile che i sapiens continuino ad affermare di imparare dal passato e, allo stesso tempo, continuino a muovere gli stessi passi, ripetendo gli stessi errori e contribuendo a creare macerie su macerie in nome di un progresso, inesistente.
Il palcoscenico pistoiese è in continuo divenire, la vita muta ad ogni evento, ad ogni storia, ad ogni incontro… gli attori dirigono la scena mentre sono protagonisti, voci fuori campo, danzatori, sapiens e, dall’altra parte il pubblico, si trova continuamente catapultato da una parte all’altra del tempo, da un punto ad un altro della storia, tra secoli di umanità, tra incertezze, dubbi e tragedie che si ripetono.
L’Angelo della storia ci mette a nudo, possiamo guardare la nostra immagine riflessa nello specchio della vita, ogni individuo si ritrova a fare i conti con la realtà, ogni esistenza sembra evolversi fiera della sua pienezza, ma basta poco, un evento, un istante, per rendersi subito conto che altro non siamo che puntini che si perdono in narrazioni infinite.
Viene voglia di piangere ma allo stesso tempo di sorridere e poi di ridere in preda alla disperazione di un presente che sembra non aver imparato nulla dal passato, è per questo che l’Angelo della storia non riesce a voltarsi, è per questo che non riesce a proseguire il suo cammino, perché è prigioniero di se stesso, perché nella follia del passato continua la pazzia di vivere il presente.
Le numerose microstorie che si susseguono, alcune legate tra loro, hanno inevitabilmente un fil rouge, la riflessione su quello che rappresenta per l’uomo il passato, dalla storia delle caverne ai giorni nostri.


“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.” W.Benjamin

Testo Felisia Toscano
Foto Maria Di Pietro

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