felisiatoscano

Minutera itinerante alla Fondazione Alinari per la Fotografia

𝚅𝚒 𝚊𝚜𝚙𝚎𝚝𝚝𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚊𝚕𝚕𝚊 𝙵𝚘𝚗𝚍𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 𝙰𝚕𝚒𝚗𝚊𝚛𝚒 𝚙𝚎𝚛 𝚕𝚊 𝙵𝚘𝚝𝚘𝚐𝚛𝚊𝚏𝚒𝚊.

Ancor più, essendo le uniche, teniamo a sottolinearlo: “i fotografi e 𝗹𝗲 𝗳𝗼𝘁𝗼𝗴𝗿𝗮𝗳𝗲”

𝚀𝚞𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚊𝚋𝚋𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚒𝚗𝚒𝚣𝚒𝚊𝚝𝚘 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚙𝚛𝚘𝚐𝚎𝚝𝚝𝚘 𝚍𝚊𝚕 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚘 𝚒𝚜𝚝𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚊𝚟𝚎𝚟𝚊𝚖𝚘 𝚋𝚎𝚗 𝚌𝚑𝚒𝚊𝚛𝚘 𝚒𝚕 𝚗𝚘𝚜𝚝𝚛𝚘 𝚘𝚋𝚒𝚎𝚝𝚝𝚒𝚟𝚘, 𝚊𝚕𝚍𝚒𝚕𝚊̀ 𝚍𝚒 𝚞𝚗𝚊 𝚏𝚒𝚕𝚘𝚜𝚘𝚏𝚒𝚊 𝚍𝚒 𝚟𝚒𝚝𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚘𝚐𝚗𝚞𝚗𝚊 𝚍𝚒 𝚗𝚘𝚒 𝚌𝚊𝚖𝚖𝚒𝚗𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚒𝚗𝚜𝚒𝚎𝚖𝚎 𝚜𝚝𝚊𝚟𝚊 𝚊𝚋𝚋𝚛𝚊𝚌𝚌𝚒𝚊𝚗𝚍𝚘, 𝚒𝚕 𝚌𝚞𝚘𝚛𝚎 𝚎 𝚕𝚊 𝚗𝚎𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚝𝚊̀ 𝚗𝚘𝚗 𝚎𝚛𝚊𝚗𝚘 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚒 𝚍𝚒 𝚛𝚒𝚙𝚛𝚎𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚌𝚘𝚗 𝚗𝚘𝚜𝚝𝚊𝚕𝚐𝚒𝚊 𝚕’𝚊𝚗𝚝𝚒𝚌𝚊 𝚙𝚛𝚊𝚝𝚒𝚌𝚊 𝚊𝚛𝚐𝚎𝚗𝚝𝚒𝚌𝚊, 𝚗𝚎́ 𝚍𝚒𝚖𝚘𝚜𝚝𝚛𝚊𝚛𝚎 𝚋𝚛𝚊𝚟𝚞𝚛𝚊 𝚝𝚎𝚌𝚗𝚒𝚌𝚊 𝚘 𝚖𝚊𝚎𝚜𝚝𝚛𝚒𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚞𝚝𝚒𝚕𝚒𝚣𝚣𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚛𝚞𝚖𝚎𝚗𝚝𝚘. 𝚀𝚞𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚍𝚊 𝚌𝚞𝚒 𝚜𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚒𝚝𝚎, 𝚒𝚘 𝚌𝚘𝚗 𝚒𝚕 𝚖𝚒𝚘 𝚋𝚊𝚐𝚊𝚐𝚕𝚒𝚘 𝘧𝘰𝘵𝘰𝘨𝘳𝘢𝘧𝘪𝘤𝘰, 𝙵𝚎𝚕𝚒𝚜𝚒𝚊 𝚌𝚘𝚗 𝚒𝚕 𝚜𝚞𝚘 𝘤𝘰𝘮𝘶𝘯𝘪𝘤𝘢𝘵𝘪𝘷𝘰 , 𝚎̀ 𝚜𝚝𝚊𝚝𝚘 𝚒𝚕 𝚍𝚎𝚜𝚒𝚍𝚎𝚛𝚒𝚘 𝚍𝚒 𝚛𝚒𝚙𝚎𝚛𝚌𝚘𝚛𝚛𝚎𝚛𝚎 𝚎 𝚜𝚌𝚘𝚟𝚊𝚛𝚎 𝚜𝚝𝚘𝚛𝚒𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚙𝚘𝚗𝚐𝚘𝚗𝚘 𝚕’𝚊𝚝𝚝𝚎𝚗𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚜𝚞𝚕𝚕’𝚒𝚖𝚙𝚘𝚛𝚝𝚊𝚗𝚣𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚖𝚎𝚖𝚘𝚛𝚒𝚊, 𝚞𝚗 𝚛𝚒𝚝𝚘𝚛𝚗𝚘 𝚊𝚕𝚕𝚊 𝙥𝙤𝙚𝙩𝙞𝙘𝙖 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙛𝙤𝙩𝙤𝙜𝙧𝙖𝙛𝙞𝙖 𝚎 𝚕𝚎 𝚝𝚛𝚊𝚌𝚌𝚎 𝚍𝚎𝚕 𝚝𝚎𝚖𝚙𝚘 𝚊𝚝𝚝𝚛𝚊𝚟𝚎𝚛𝚜𝚘 𝚕𝚞𝚘𝚐𝚑𝚒 𝚎 𝚟𝚘𝚕𝚝𝚒 𝚞𝚖𝚊𝚗𝚒.
𝚀𝚞𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚍𝚒𝚌𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚛𝚒𝚝𝚘𝚛𝚗𝚘 𝚒𝚗𝚝𝚎𝚗𝚍𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚛𝚒𝚙𝚛𝚎𝚗𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚗𝚞𝚘𝚟𝚘 𝚌𝚘𝚜𝚌𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚌𝚑𝚎 𝚕𝚊 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚞𝚖𝚊𝚗𝚊, 𝚒𝚗𝚜𝚒𝚎𝚖𝚎 𝚊𝚒 𝚕𝚞𝚘𝚐𝚑𝚒, 𝚜𝚒 𝚎̀ 𝚜𝚖𝚊𝚛𝚛𝚒𝚝𝚊 𝚗𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚟𝚎𝚕𝚘𝚌𝚒𝚝𝚊̀ 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚖𝚘𝚗𝚍𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚊 𝚏𝚞𝚛𝚒𝚊 𝚍𝚒 𝚐𝚞𝚊𝚛𝚍𝚊𝚛𝚎 𝚊𝚟𝚊𝚗𝚝𝚒 𝚎̀ 𝚒𝚐𝚗𝚊𝚛𝚘 𝚍𝚎𝚕 𝚙𝚊𝚜𝚜𝚊𝚝𝚘 𝚎 𝚍𝚎𝚕 𝚙𝚛𝚎𝚜𝚎𝚗𝚝𝚎. 𝙸𝚗𝚝𝚎𝚗𝚍𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚕𝚊 𝚌𝚛𝚎𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎/𝚙𝚛𝚘𝚍𝚞𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚍’𝚒𝚖𝚖𝚊𝚐𝚒𝚗𝚒 𝚑𝚊 𝚍𝚒 𝚌𝚘𝚗𝚜𝚎𝚐𝚞𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚏𝚊𝚝𝚝𝚘 𝚍𝚒𝚖𝚎𝚗𝚝𝚒𝚌𝚊𝚛𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚕𝚊 𝚏𝚘𝚝𝚘𝚐𝚛𝚊𝚏𝚒𝚊 “𝚜𝚒 𝚝𝚘𝚌𝚌𝚊”, 𝚑𝚊 𝚞𝚗 𝚜𝚞𝚙𝚙𝚘𝚛𝚝𝚘 𝚖𝚊𝚝𝚎𝚛𝚒𝚌𝚘, 𝚟𝚊 𝚌𝚞𝚜𝚝𝚘𝚍𝚒𝚝𝚊 𝚒𝚗 𝚊𝚕𝚋𝚞𝚖 𝚍𝚒 𝚏𝚊𝚖𝚒𝚐𝚕𝚒𝚊, 𝚒𝚗 𝚕𝚒𝚋𝚛𝚒 𝚍’𝚊𝚛𝚝𝚒𝚜𝚝𝚊…

𝙰𝚋𝚋𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚟𝚒𝚜𝚜𝚞𝚝𝚘 𝚚𝚞𝚊𝚕𝚌𝚑𝚎 𝚖𝚎𝚜𝚎 𝚊 𝙿𝚊𝚛𝚒𝚐𝚒, 𝚙𝚎𝚛 𝚌𝚘𝚗𝚝𝚊𝚖𝚒𝚗𝚊𝚛𝚌𝚒 𝚎 𝚜𝚊𝚝𝚞𝚛𝚊𝚛𝚌𝚒 𝚌𝚘𝚖𝚎 𝚜𝚘𝚕𝚘 𝚕𝚊̀ 𝚅𝚒𝚕𝚕𝚎 𝙻𝚞𝚖𝚒𝚎𝚛𝚎 𝚜𝚊 𝚏𝚊𝚛𝚎, 𝚊𝚋𝚋𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚛𝚘𝚟𝚒𝚜𝚝𝚊𝚝𝚘 𝚝𝚛𝚊 𝚟𝚎𝚌𝚌𝚑𝚒𝚎 𝚌𝚊𝚛𝚝𝚎 𝚍𝚎 𝚟𝚒𝚜𝚒𝚝𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚎 𝙱𝚘𝚞𝚚𝚞𝚒𝚗𝚒𝚜𝚝𝚎𝚜 𝚕𝚞𝚗𝚐𝚘 𝚕𝚊 𝚂𝚎𝚗𝚗𝚊, 𝚊𝚋𝚋𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚙𝚎𝚛𝚌𝚘𝚛𝚜𝚘 𝚌𝚑𝚒𝚕𝚘𝚖𝚎𝚝𝚛𝚒 𝚒𝚗 𝚊𝚞𝚝𝚘 𝚙𝚎𝚛 𝚎𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝚊𝚕𝚕’Atelier Malicot, 𝚛𝚎𝚜𝚙𝚒𝚛𝚊𝚛𝚎 𝚕𝚊 𝚖𝚊𝚐𝚒𝚊 𝚎 𝚕𝚊 𝚜𝚞𝚊 𝚕𝚞𝚌𝚎, 𝚒𝚗𝚌𝚘𝚗𝚝𝚛𝚊𝚛𝚎 𝚙𝚛𝚘𝚏𝚎𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚒𝚜𝚝𝚒 𝚎 𝚊𝚙𝚙𝚊𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚊𝚝𝚒, 𝚙𝚎𝚛 𝚙𝚘𝚒 𝚛𝚒𝚝𝚘𝚛𝚗𝚊𝚛𝚎 𝚒𝚗 𝙸𝚝𝚊𝚕𝚒𝚊 𝚎 𝚖𝚞𝚘𝚟𝚎𝚛𝚌𝚒 𝚝𝚛𝚊 𝚕𝚎 𝚌𝚒𝚝𝚝𝚊̀ 𝚍’𝚊𝚛𝚝𝚎, 𝚝𝚎𝚊𝚝𝚛𝚘 𝚍𝚒 𝚜𝚝𝚛𝚊𝚍𝚊 𝚎 𝚖𝚎𝚛𝚌𝚊𝚝𝚒 𝚍𝚒 𝚊𝚗𝚝𝚒𝚚𝚞𝚊𝚛𝚒𝚊𝚝𝚘. 𝚄𝚗 𝚙𝚎𝚛𝚌𝚘𝚛𝚜𝚘 𝚜𝚞𝚕𝚕𝚊 𝚏𝚘𝚝𝚘𝚐𝚛𝚊𝚏𝚒𝚊 𝚎 𝚒𝚕 𝚟𝚒𝚊𝚐𝚐𝚒𝚘, 𝚌𝚘𝚗 𝚊𝚕 𝚌𝚎𝚗𝚝𝚛𝚘 𝚕𝚊 𝚏𝚒𝚐𝚞𝚛𝚊 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚍𝚘𝚗𝚗𝚊 𝚏𝚕𝚊𝚗𝚎𝚞𝚜𝚎... 𝚌𝚘𝚗 𝚞𝚗𝚊 𝚜𝚌𝚊𝚝𝚘𝚕𝚊 𝚖𝚊𝚐𝚒𝚌𝚊 𝚍𝚒 𝚕𝚎𝚐𝚗𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚛𝚎𝚊𝚕𝚒𝚣𝚣𝚊 𝚏𝚘𝚝𝚘𝚐𝚛𝚊𝚏𝚒𝚎 𝚜𝚞 𝚌𝚊𝚛𝚝𝚊 𝚊𝚒 𝚜𝚊𝚕𝚒 𝚍'𝚊𝚛𝚐𝚎𝚗𝚝𝚘.

𝚌𝚘𝚖𝚞𝚗𝚒𝚌𝚊𝚝𝚘 𝚞𝚏𝚏𝚒𝚌𝚒𝚊𝚕𝚎 𝚚𝚞𝚒: Fondazione Alinari per la Fotografia

Presentazione del progetto:

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Fotografia Minutera Itinerante alla 107° Foire de Chatou

date » 10-10-2024 17:24

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"La pittoresca storia di questa manifestazione conferisce il colore e lo spirito a questa grande fiera dell'antiquariato.
La Fiera dei Prosciutti è nata spontaneamente nel Medioevo, probabilmente anche prima, poiché la Francia ha una lunga tradizione di salumi. Era la grande specialità gallica. Le mandrie di maiali gallici suscitavano l'ammirazione dei Romani che citavano con entusiasmo il prosciutto di Bayonne, i salumi della Cerdagna, della Franche-Comté... Fino al XIX secolo, il maiale fu l'alimento base dei cenoni di Natale: era il re della festa sia tra i contadini che tra i borghesi e i nobili. Nel corso del Medioevo, i salumieri di tutte le province presero l'abitudine di venire a Parigi durante la Settimana Santa per vendere le loro carni preparate. Si stabilirono dove c'erano più clienti, intorno a Notre-Dame, sicuri di avere come clienti affezionati coloro che assistevano alle funzioni religiose. I mercanti erano sempre più numerosi perché la professione di salumiere era libera. La libertà di circolazione concessa ai maiali fu soppressa dal re Luigi il Grosso, suo figlio Filippo avendo fatto una caduta da cavallo mortale causata da un maiale. Solo gli "antonini", appartenenti ai monaci di Sant'Antonio, furono ancora ammessi a circolare. Tutti gli altri venivano raccolti e dati all'Hôtel-Dieu per i malati. Nel 1451, si iniziò a regolamentare questa Fiera del Lardo e le carni scadute venivano gettate nella Senna. A partire dal 1500, divenne troppo importante per la sua posizione e, nel corso degli anni successivi, la Fiera si trasferì successivamente in rue des Prouvaires, Place de l'Hôtel de Ville, Place de la Morgue (oggi Place de la Concorde).
Nel 1789 e durante la Rivoluzione e il Terrore, la Fiera del Lardo scomparve.
Nel 1804, un decreto la fece rivivere con il nome di Fiera dei Prosciutti, tornò vicino a Notre-Dame e Place de la Cité.
Nel 1813, un'ordinanza la mandò al Quai de la Vallée (oggi Quai des Grands-Augustins); nel 1832, si trasferì in rue du Faubourg Saint-Martin al posto dell'antico magazzino dei foraggi. Infine, nel 1840, la Fiera si stabilizzò in boulevard Bourdon. Si unirono a essa numerosi venditori di oggetti usati, vecchi vestiti, vecchie ferraglie. Era nata la Fiera della Ferraglia e il suo destino fu da allora legato a quello della Fiera dei Prosciutti, che presto superò in importanza.
Nel 1869, un decreto della polizia trasferì i due mercati in boulevard Richard-Lenoir, che non avrebbero più dovuto lasciare per quasi un secolo, dalla domenica delle Palme alla domenica di Pasqua fino al 1940, poi dopo la guerra due volte l'anno, in primavera e in autunno. Sottostanti, i problemi di ubicazione, di accesso, di circolazione riemergono di nuovo. Si prese coscienza di una imminente mutazione. Il Sindacato Nazionale del Commercio dell'Antiquariato e dell'Usato presenterà numerosi progetti di trasferimento. Tutto fu rimandato."
Foire de Chatou

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Minutera itinerante a Tutti Matti per Colorno 2024

Minutera Itinerante alla Deriva è stata scelta tra più di 200 compagnie di artisti attraverso un bando pubblico per partecipare alla Scena OFF di Tutti Matti per Colorno 2024.

Ritratti ai sali d'argento
di Maria Di Pietro e Felisia Toscano


In un vivere continuo di immagini che si susseguono, spesso futili e fuggevoli nell’astratto di archivi che si smaterializzano, avere tra le mani una fotografia è come avere una certezza meno fragile. La fotografia minutera è un modo per creare un punto fermo nella vita delle persone. Non sei tu a cercare, a chiedere, è l’altro che viene verso di te, si ferma e posa. Quel che accade con la fotografia di strada accade nell’ora, adesso, si depongono le energie della corsa, del frenetico e del fuggevole senza ascolto, a prendere forma l’esserci in questo momento in connessione con sé stessi. La fotografia come arte per conoscere se stesso e l'altro.

"I nostri ritratti vengono realizzati al momento in una piccola scatola di legno che è la nostra macchina fotografica istantanea itinerante. Attraverso l’obiettivo la luce va ad imprimere la fotografia su una carta ai sali d’argento, nel momento stesso in cui nasce la stampa da quella scatola magica si afferma la propria esistenza, la necessità, il bisogno di svelarla al mondo. Il fascino, il mistero, misterioso seppur svelato, sembra quasi una magia realizzata da un artista del gioco, quelli di magia, funamboli, sognatori e sognatrici… una mano si muove all’interno della scatola, e ad uscirne è una fotografia, unica e irripetibile.”

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Recanti Art Festival e Minutera Itinerante alla Deriva

date » 17-07-2024 12:10

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Spettacolo: Ritratti d’autore ai sali d’argento

Ritrattistica istantanea, itinerante, un’azione teatrale: impronta di presenza. Nel momento stesso in cui nasce la stampa da quella scatola magica si afferma la propria esistenza, la necessità, il bisogno di svelarla al mondo. Il fascino, il mistero, misterioso seppur svelato, sembra quasi una magia realizzata da un artista del gioco, quelli di magia, funamboli, sognatori e sognatrici… una mano si muove all’interno della scatola, ad uscirne è una fotografia, unica e irripetibile. E’ come quel gioco infantile, il girotondo, dove però non si accelera il corpo per provare quel piacere di stordimento, dove tutto l’ambiente intorno si trasforma in un caos luminoso con quella lanterna magica. Con quel mio gioco cerco di ricreare attraverso la memoria quell’anima infantile che vi è in me, attraverso il mio corpo e quel che può fare, con lentezza. Lo ricorda un fotografo del 900, J.H. Lartigue “da bambino socchiudevo gli occhi in modo da non lasciare che una sottile fessura attraverso la quale guardavo intensamente ciò che volevo vedere, poi giravo tre volte su me stesso pensando che avrei intrappolato quanto avevo guardato e conservato all’infinito non solo ciò che avevo ma anche gli odori e i rumori. Evidentemente a lungo andare mi sono accorto che il mio trucco non funzionava ed è allora che mi sono servito di una macchina fotografica.” Il suo stesso corpo come l’apparecchio fotografico, la camera del suo occhio a quello dell’attrezzo tecnico, il tempo di posa a tre giri su se stesso… la scelta della felicità, dare un senso al proprio vissuto, esserci e ricordare di esserci con una scatola magica dentro l’instancabile intreccio di vite, riflessioni e memorie. Creare l’ ”io” in una visione intrisa di malinconia, una malinconia resistenziale dove si ferma il tempo, si afferra l’istante, il destino effimero di ogni gioia. Una scelta ogni volta. Una scelta artistica, autentica. Mentre Lartigue fermava l’essenza stessa del divenire, il movimento, io mi osservo e mi ritrovo a ritornare ad un inizio, non certo a fermarmi, ma a ricominciare ad osservare tutto ciò che si ferma senza più, almeno per ora, inseguirlo. Ad accogliere chi non cerca una semplice riproduzione di un’immagine virtuale, digitale ma chi necessita di sentirsi attraverso un rito che trova radici in quel girotondo antico, in un luogo, in uno spazio fatto di luce.


Minutera Itinerante alla Deriva a Recanati Art Festival

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Un viaggio attraverso la fotografia senza tempo di Mimmo Jodice

date » 15-04-2024 00:06

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Le sale di Villa Bardini a Firenze ospitano una mostra imperdibile per gli amanti della fotografia: "Mimmo Jodice. Senza Tempo". Un'antologica che ripercorre la straordinaria carriera di questo maestro italiano, attraverso ottanta opere che spaziano dai suoi esordi negli anni Sessanta fino ai lavori più recenti.
La sua cifra stilistica è inconfondibile: immagini in bianco e nero, spesso caratterizzate da contrasti netti e giochi di luce e ombre, che catturano l'essenza del soggetto con una poetica senza tempo.
La mostra a Villa Bardini è un'occasione unica per ammirare alcuni dei suoi capolavori più celebri, oltre ad un omaggio a Michelangelo con le immagini scattate alla fine degli anni ottanta alle sculture presso le Cappelle Medicee.
Questa mostra rientra nel progetto “La Grande Fotografia Italiana” delle Gallerie d’Italia, che ha visto precedentemente protagonista Lisetta Carmi.
Le fotografie di Jodice non si limitano a documentare la realtà, ma invitano l'osservatore a una riflessione profonda. I suoi scatti catturano l'attimo fuggente, ma allo stesso tempo ci parlano di temi universali come la bellezza, la memoria, il tempo che passa.
"Mimmo Jodice. Senza Tempo" è una mostra che non deluderà gli appassionati di fotografia. Un'occasione imperdibile per immergersi nel mondo di questo grande maestro e scoprire la sua visione poetica.

Mimmo Jodice nasce a Napoli nel 1934, dove vive e lavora tutt'oggi. Si avvicina alla fotografia negli anni '50, frequentando il Circolo Fotografico Napoletano. Negli anni '60, le sue prime esposizioni lo fanno emergere come figura di spicco della fotografia italiana d’avanguardia. La sua ricerca fotografica si concentra sulla realtà urbana, con un occhio di particolare attenzione per la sua città natale, Napoli. Jodice cattura immagini di paesaggi, architetture e persone, utilizzando spesso inquadrature inusuali e giochi di luce e ombre per creare immagini poetiche e suggestive. Nel corso della sua carriera, Jodice ha collaborato con alcuni dei più importanti artisti e intellettuali del suo tempo, ha anche realizzato diversi reportage fotografici, è considerato uno dei maestri della fotografia italiana contemporanea. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Nadar nel 1994 e il Targa d'Oro al Premio BFI di Londra nel 2008.
Le sue fotografie sono esposte in importanti musei e collezioni d'arte di tutto il mondo.


Testo e foto di Felisia Toscano

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Mario Carnicelli: incontro tra fotografie e racconti

date » 05-06-2024 13:45

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Andare a casa di Mario Carnicelli, significa oltrepassare la soglia del confine tra una mostra fotografica e la storia di quegli scatti.
Vuol dire sedersi ed entrare nel suo mondo, quello del viaggio in America, quello dei funerali di Togliatti, quello del racconto, del documento, dell’archivio. Guardarsi intorno e vedere sulle pareti dai colori caldi stampe degli anni 60′ e 70′ e riflettere su quanto il bianco e nero sia ancora contemporaneo, così “presente” da farti entrare in punta di piedi nella sua fotografia.


Tra gli scatti di Togliatti, incuriosita chiedo a Mario: qual è la tua fotografia prima di questa importante documentazione?
Mario, sorride: “La mia fotografia è sempre la stessa, è l’umanità. Sin da ragazzo, quando ho iniziato a fotografare mi soffermavo sulla figura dell’uomo. E’ come se negli occhi degli altri riuscissi a riflettere me stesso. Con la fotografia ho una relazione da tantissimi anni, ero bambino quando per la prima volta entrai furtivamente nella camera oscura di mio padre, in sua assenza, e di nascosto da mia madre”. Provai ad inserire un “foglio”, l’immagine si impressionò subito su di esso e fu per me una gioia immensa.


Cosa ha significato per te, professionalmente ed emotivamente, essere l’autore delle fotografie del funerale di Togliatti?
“Andai ai funerali di Togliatti non per fotografare, ma per partecipare ad un grande evento, mi recai giorni prima della data stabilita, per scrutare, per osservare. Arrivarono persone da tutta l’Italia, ma anche dall’estero, in particolar modo dalla Svizzera.
Non immaginavo di vedere una stratificazione sociale così evidente, ricordo i loro sguardi che sembravano essere rivolti a me mentre ero tra la folla con loro, ma questa sensazione durava pochi secondi, quello che guardavano era solo quella grande e sentita emozione.
Tutti erano lì per lo stesso motivo, e non era il funerale o la funzione religiosa, ma il voler dare l’ultimo saluto ad un compagno.
Dai borghesi alle istituzioni, dagli artisti al popolo, non mancava proprio nessuno”.


Facciamo un viaggio, andiamo in America, qual è la tua fotografia preferita nei tuoi scatti americani?
“Forse non ne ho una preferita, ma semplicemente una di cui sono particolarmente geloso! Ritrae una fabbrica all’interno di uno stabile, dove ci sono muratori di colore bianco e committenti neri. Era evidente in questa foto un capovolgimento culturale, quella scena si impressionò nella mia macchina come il ritratto di un’umanità che cominciava ad essere rispettata”.


Cosa pensi della fotografia contemporanea, in che posizione ti poni nei confronti dei nuovi talenti?
“Tra i vari settori della fotografia, quello del reportage è di sicuro quello che più mi piace e che più seguo. Fotografare significa documentare e oggi è una ricchezza! Ma se dovessi dare un consiglio ai giovani fotografi direi che occorre senz’altro documentarsi, conoscere! Solo mettendo dentro la conoscenza può venire fuori qualcosa senza emulare, ma riuscendo ad esprimere quello che si ha da dire con consapevolezza”.

Aprile 2016
Felisia Toscano
Foto di Maria Di Pietro

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"Formidable. Rébecca Dautremer e il viaggio di Jacominus” in mostra a Bologna

In occasione di Bologna Children’s book Fair 2023, nota per gli appassionati come la Fiera del libro, dall’8 al 30 marzo sarà visitabile la mostra “Formidable. Rébecca Dautremer e il viaggio di Jacominus” dell’illustratrice francese Rébecca Dautremer promossa da Rizzoli e a cura di Hamelin.
Il protagonista è Jacominus Gainsborough creato dall’artista nel 2018, per Il libro delle ore felici di Jacominus Gainsbourgh.
La mostra racconta i quattro libri attraverso cui l’artista francese costruisce la vita, i luoghi, le relazioni e l’intero universo di Jacominus dove il pubblico potrà ammirare, in anteprima, le illustrazioni originali con la pittura a gouache.
Puzzle, grandi formati, ritagli di carta, l’enorme fregio che racconta la complessità di un istante in un affresco che racchiude l’intera società formano l’intero percorso espositivo che il visitatore, in una location d’eccezione, si trova a percorrere.
L’artista, in un’intervista, ha detto di ispirarsi a Beatrix Potter dal punto di vista visivo ma i suoi protagonisti non sanno di essere degli animali, nemmeno Jacominus sa di essere un coniglietto.
La sua mostra è un’occasione da non perdere poiché offre la possibilità, a grandi e piccini, di fare un’immersione in un mondo meraviglioso fatto di carta, colori, arte e magia.
Rebecca Dautremer è nata a Gap il 20 agosto del 1971, da sempre appassionata di fotografia e arti grafiche si è iscritta ad un corso di grafica presso l’ENSAD (Ecole Nationale Supérieure des Arts Décoratifs) di Parigi, durante la formazione inizia le prime collaborazioni ed esperienze con varie case editrici fino a quando nel 2003 pubblica L’Amoureux in cui definisce il proprio stile prima e Principesse dimenticate a lanciare la sua carriera.
Rebecca Dautremer durante l’inaugurazione dichiarerà di concepire i suoi disegni come fotografie e di studiare continuamente la luce e la composizione.


Testo e foto di Felisia Toscano

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Gente di Piombino, presentato l'ultimo lavoro del fotografo situazionista Pino Bertelli

In una sala gremita sabato 4 marzo è stato presentato presso Palazzo Appiano in Piazza Bovio a Piombino, “Genti di Piombino – Ritratti da una città postindustriale” l’atlante umano realizzato dal fotografo situazionista Pino Bertelli insieme con Paola Grillo alla presenza del Sindaco Francesco Ferrari, il politico Paolo Benesperi, lo storico e docente universitario Rossano Pazzagli, il critico d’arte ed ex Direttore degli Uffizi Antonio Natali, il critico della fotografia Francesco Mazza e il fotografo Oliviero Toscani.
Il lavoro realizzato da Pino Bertelli con la documentalista Paola Grillo si sviluppa nella città in cui è nato ed è sempre cresciuto, dove è stato operaio in fabbrica e dove, successivamente, ha inizio la sua fotografia di strada. Bertelli parte da Piombino per ritornare a Piombino, nel cerchio della sua vita affiancato sempre dalla documentalista Paola Grillo, compagna di sconfinate avventure, ha percorso cerchi immensi raccontando milioni di storie tra Mediterraneo, Chernobyl, Africa, Iraq… il suo lavoro su Piombino sarà anche in mostra quest’estate con una personale di circa 700 scatti.
Proprio unendo fotografia e antropologia è riuscito a catturare e raccontare la geografia umana attraverso i volti dei piombinesi: giovani, uomini, donne, anziani… ogni sguardo e ogni sorriso ha contribuito alla realizzazione del suo racconto sulla comunità durato ben 8 anni.


Paola Grillo nella prefazione scrive: … “Che le fotografie di Pino Bertelli siano la sintesi estrema di uno sguardo sugli uomini, le donne, i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine, una sintesi estrema sulle qualità di come l’essere umano sta nel mondo, in una stanza, in un paese, in un Paese, tracciata nello sguardo, nei volti, nella pelle, nei muri scrostati della scena o negli sfondi sfuocati, anzi, mossi, dove appoggia i suoi ritratti… si. Ritratti scolpiti chiudendo l’otturatore, un lavorìo di neri, ma anche di bianchi… il bianco sul bianco è la cosa più difficile! Monocromie. Gli occhi. Cancellare lo sfondo. Lasciami un segno per la storia. Fuori quelle che dicono troppo. L’eterno discorso tra poesia e sociologia che si incontra nel nostro fare insieme in più di venti anni di libri per il mondo. E anche Piombino 2014-2022 si fa mondo…”.

Testo e foto di Felisia Toscano

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Emilio Isgrò a Pistoia per "Fotografia come pretesto"

Siamo giunti al penultimo appuntamento di Fotografia come pretesto, il ciclo di incontri realizzato in occasione degli ultimi giorni della mostra di Aurelio Amendola| Un’antologia dalla Fondazione Pistoia Musei, con protagonista uno dei più importanti artisti italiani Emilio Isgrò, ad affiancarlo Gianluigi Colin.
Il tema dell’incontro è stato il rapporto tra fotografia e rappresentazione dell’universo artistico, una riflessione su quello che è il mondo interiore di ogni artista e, in questo caso, di Aurelio Amendola.
“E’ difficile vedere una città per la prima volta perché non sai quello che ti aspetta” è con quest’affermazione che Emilio Isgrò apre l’incontro presso Palazzo De’ Rossi, con un tono informale e quasi intimo racconta al pubblico come, quando è stato invitato, abbia immaginato Pistoia.
“Pistoia è proprio come me la immaginavo, bellissima e unica come tutte le città toscane che hanno una storia, ha un Duomo meraviglioso.”
Una riflessione su quella che è la realtà che ci circonda per arrivare a parlare del fotografo pistoiese Amendola che, per Isgrò, è sempre stato un occhio critico, un occhio capace di raccontare il mondo seppur con radici solide nella propria terra.
La mostra di Amendola che si concluderà il 7 novembre è un viaggio volto a raccontare la bellezza attraverso quasi trecento immagini; voluta fortemente da Pistoia Musei con l’obiettivo di omaggiare la carriera del fotografo.
Interprete dell’opera di Michelangelo, autore degli scatti dedicati a Canova, Bernini, Vedova, Ceroli e tanti altri viene definito da Isgrò come “colui che si appropria di ciò che tocca attraverso la fotografia”.
“Le fotografie di Aurelio mettono in moto un’idea, egli non si pone mai come testimone asettico ma come parte attiva della creazione delle immagini” commenta Gianluigi Colin.
A chiudere l’incontro un Amendola commosso e lusingato dalle belle parole rivolte alla sua fotografia; il prossimo ed ultimo appuntamento è programmato per il 5 novembre e questo volta Amendola sarà il protagonista insieme a Roberto Barni e Marco Bazzini per affrontare il tema “Due parole sulla scultura e tre sulla fotografia”, un’occasione per analizzare da vicino il rapporto che da sempre ha caratterizzato due forme di espressione artistica completamente diverse.


Testo di Felisia Toscano - Foto di Maria Di Pietro

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Da Andy Warhol a Kara Walker: a Palazzo Strozzi in mostra l'arte americana

Sarà visitabile fino al 29 agosto 2021 la mostra American Art 1961-2001 che celebra l’arte moderna americana attraverso 80 opere di artisti come Andy Warhol, Mark Rothko, Louise Nevelson, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Bruce Nauman, Barbara Kruger, Robert Mapplethorpe, Cindy Sherman, Matthew Barney, Kara Walker.
Il percorso espositivo si snoda attraverso momenti storici importanti quali l’inizio della Guerra del Vietnam e l’attacco dell’11 settembre attraverso vari correnti artistiche: pop art, minimalismo, conceptual art, pictures generation fino alle tecniche dei nostri giorni.
A cura di Vincenzo de Bellis e Arturo Galansino, l’arte americana viene messa in mostra nelle sue svariate forme, dalla pittura alla fotografia, dal video alla scultura proponendo ben 40 anni di storia. Importante è la presenza di Andy Wharol di cui sono esposte ben 12 opere tra cui la famosa Sixteen Jackies, altra sezione speciale è dedicata al padre della danza contemporanea, Merce Cunningham. Tra le figure di riferimento per la comunità afroamericana troviamo Kerry James Marshall e Glenn Ligon.
Le opere sono provenienti dalle collezioni del Walker Center di Minneapolis, museo-culto dell’arte contemporanea e affronta temi oggi fondamentali come la società dei consumi, il femminismo, le lotte per i diritti civili, la pena di morte. Il punto di inizio del racconto è il 1961 quando John F. Kennedy diventa Presidente e l’11 dicembre inizia la guerra in Vietnam, il punto di arrivo è l’11 settembre del 2001, quando sotto la presidenza di George W. Bush, ci fu uno degli attacchi più drammatici dopo Pearl Harbor.
“Dopo un anno difficile come il 2020, la mostra vuole dare un segnale di ripartenza per la vita sociale e culturale di Firenze e della Toscana, in primo luogo per il nostro pubblico locale ma anche come offerta per i visitatori nazionali e internazionali” dichiara Arturo Galansino.
La mostra è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze e Walker Art Center, Minneapolis. Sostenitori Fondazione Palazzo Strozzi: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Fondazione CR Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi, Intesa Sanpaolo. Premium sponsor: Gucci. Con il sostegno di Enel.


Felisia Toscano

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