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Picasso a Palazzo Te: un dialogo tra genio, mito e rock

Mantova, città dei Gonzaga e delle arti, ha aperto le porte di Palazzo Te ad un incontro straordinario: l’arte di Pablo Picasso dialoga con gli affreschi rinascimentali di Giulio Romano, in una mostra che trascende i confini del tempo e dello spazio. “Picasso a Palazzo Te. Poesia e Salvezza” è un viaggio nell’anima dell’artista spagnolo, un’immersione in un universo creativo che trova nella poesia e nella letteratura un rifugio e una fonte inesauribile di ispirazione. Le sale affrescate di Palazzo Te, con le loro figure mitologiche e le loro prospettive audaci, creano un palcoscenico ideale per ospitare le opere di Picasso. Le linee essenziali e le forme semplificate delle sue sculture e dei suoi dipinti entrano in un dialogo inaspettato con la monumentalità del Rinascimento, generando un’alchimia unica tra passato e presente. Come scrive la curatrice Annie Cohen-Solal, “Picasso a Palazzo Te non è solo una mostra, ma un’esperienza sensoriale che invita il visitatore a riflettere sulla natura dell’arte e sulla sua capacità di trasmettere emozioni e idee”.
La mostra ha avuto un’ospite d’eccezione: Patti Smith, la poetessa del rock, ha inaugurato l’esposizione nel giorno del suo concerto a Mantova. La rockstar americana, da sempre ammiratrice di Picasso, ha sottolineato il profondo legame che unisce l’artista spagnolo alla sua generazione. “Picasso ha aperto le porte a una nuova visione dell’arte”, ha dichiarato Patti Smith, “e la sua influenza si sente ancora oggi nella musica, nella letteratura e in tutte le forme di espressione creativa”. La mostra esplora il tema della poesia come fonte di ispirazione e di salvezza. Picasso, come molti artisti del suo tempo, ha trovato nella poesia un rifugio dalle turbolenze del mondo e un modo per esprimere la propria complessità interiore. Le sue opere, cariche di riferimenti letterari, ci invitano a leggere tra le righe, a scoprire i significati nascosti dietro le forme e i colori. Visitare la mostra “Picasso a Palazzo Te” è un’esperienza che va oltre la semplice contemplazione delle opere d’arte. È un viaggio nel tempo e nello spazio, un confronto tra culture e generazioni, una chiave di lettura del legame profondo tra Picasso e la poesia, che ci mostra un lato più intimo e profondo dell’artista, allo stesso tempo consacra la sua influenza sulla cultura contemporanea, testimoniata dalla presenza di Patti Smith. L’incontro tra il genio di Picasso e la bellezza di Palazzo Te è un evento che vale la pena di vedere.


Testo e foto di Felisia Toscano

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Patti Smith a Mantova: poesia e salvezza

Un concerto che ha travalicato i confini della musica, trasformandosi in un vero e proprio atto di speranza, di riflessione sull’arte e di libertà. Patti Smith, la sacerdotessa del rock, ha incantato il pubblico mantovano con un’esibizione che ha toccato le corde più profonde dell’anima. La scaletta, un viaggio attraverso la sua lunga carriera, ha offerto un mix perfetto di brani storici e gemme meno conosciute. L’apertura con “Ghost” ha subito creato un’atmosfera sospesa e malinconica, mentre “Summer Cannibals” ha infuso un’energia primitiva e vitale che ha subito trascinato il pubblico ad un abbraccio circolare pieno di passione. Ma è stato durante l’esecuzione di brani come “Redondo” e “Black Coat” che l’emozione ha raggiunto il culmine. Dedicati rispettivamente a Fred “Sonic” Smith e a Arthur Rimbaud, questi brani hanno rivelato l’anima più intima e profonda dell’artista. I suoi occhi chiusi, le mani che danzavano lievi a disegnare musica e vita. Un tocco particolarmente emozionante è stato l’omaggio a due figure iconiche: Pier Paolo Pasolini e Kurt Cobain. Con la sua voce graffiante, Patti Smith ha interpretato una poesia di Pasolini, trasformandola in un canto intenso e struggente. A Cobain, invece, ha dedicato una versione intensa e personale di uno dei suoi brani più celebri, sottolineando l’importanza della sua eredità musicale. Non poteva mancare un appello alla pace, la stessa che si invocava in passato, che ancora oggi si ha necessità di implorare… Patti Smith ha colto l’occasione per lanciare un messaggio forte e chiaro contro la violenza e le guerre che affliggono il mondo. Attraverso le sue canzoni e le sue parole,ha invitato il pubblico a riflettere sul valore della pace, dell’amore e della solidarietà, senza banalità, ma un sentire ad occhi chiusi vibrando sulla pelle di ognuno. “Utilizziamo il Potere per creare un mondo migliore”. Le ultime canzoni, “Dancing”, “Poem Peaceable”, “Pissing Teen Sarit” e la conclusiva “People”, sono state un inno alla vita, alla libertà e alla speranza. Un invito a non perdere mai la fiducia nel futuro e a continuare a lottare per un mondo più giusto e equo. La sacerdotessa del rock, ha incantato tutti e tutte, con un concerto che ha trovato la sua naturale cornice nell’inaugurazione della mostra “Picasso: Poesia e Salvezza”. La scelta di far coincidere il concerto di Patti Smith con l’apertura della mostra dedicata a Picasso non è stata casuale. Entrambi gli artisti, pur appartenendo a generazioni e a linguaggi espressivi diversi, condividono una profonda passione per la poesia, la libertà creativa e la ricerca di un senso più profondo dell’esistenza. La sua eredità artistica continua a ispirare nuove generazioni di musicisti e poeti. La sua voce, rauca e graffiata, è un invito a non conformarsi, a seguire i propri sogni e a lottare per ciò in cui si crede. In un mondo sempre più complesso e frammentato, la musica di Patti Smith rappresenta un faro di luce, un invito a ritrovare la nostra umanità e a costruire un futuro migliore per tutti. La sua musica, come l’arte di Picasso, rappresentano un messaggio di speranza e di unità. Entrambi gli artisti, attraverso le loro opere, ci invitano a guardare oltre le apparenze, a cercare la bellezza nelle cose semplici e a credere in un futuro migliore. Il concerto di Mantova è stato un’esperienza indimenticabile, un momento in cui la musica e l’arte si sono fuse in un abbraccio perfetto, dando vita ad un’emozione che rimarrà per sempre nel cuore di chi ha avuto la fortuna di esserci.
Noi eravamo lì, e come per magia, siamo ancora travolte da ogni vibrazione della sua voce.


Testo e foto Maria Di Pietro e Felisia Toscano

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Recanti Art Festival e Minutera Itinerante alla Deriva

date » 17-07-2024 12:10

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Spettacolo: Ritratti d’autore ai sali d’argento

Ritrattistica istantanea, itinerante, un’azione teatrale: impronta di presenza. Nel momento stesso in cui nasce la stampa da quella scatola magica si afferma la propria esistenza, la necessità, il bisogno di svelarla al mondo. Il fascino, il mistero, misterioso seppur svelato, sembra quasi una magia realizzata da un artista del gioco, quelli di magia, funamboli, sognatori e sognatrici… una mano si muove all’interno della scatola, ad uscirne è una fotografia, unica e irripetibile. E’ come quel gioco infantile, il girotondo, dove però non si accelera il corpo per provare quel piacere di stordimento, dove tutto l’ambiente intorno si trasforma in un caos luminoso con quella lanterna magica. Con quel mio gioco cerco di ricreare attraverso la memoria quell’anima infantile che vi è in me, attraverso il mio corpo e quel che può fare, con lentezza. Lo ricorda un fotografo del 900, J.H. Lartigue “da bambino socchiudevo gli occhi in modo da non lasciare che una sottile fessura attraverso la quale guardavo intensamente ciò che volevo vedere, poi giravo tre volte su me stesso pensando che avrei intrappolato quanto avevo guardato e conservato all’infinito non solo ciò che avevo ma anche gli odori e i rumori. Evidentemente a lungo andare mi sono accorto che il mio trucco non funzionava ed è allora che mi sono servito di una macchina fotografica.” Il suo stesso corpo come l’apparecchio fotografico, la camera del suo occhio a quello dell’attrezzo tecnico, il tempo di posa a tre giri su se stesso… la scelta della felicità, dare un senso al proprio vissuto, esserci e ricordare di esserci con una scatola magica dentro l’instancabile intreccio di vite, riflessioni e memorie. Creare l’ ”io” in una visione intrisa di malinconia, una malinconia resistenziale dove si ferma il tempo, si afferra l’istante, il destino effimero di ogni gioia. Una scelta ogni volta. Una scelta artistica, autentica. Mentre Lartigue fermava l’essenza stessa del divenire, il movimento, io mi osservo e mi ritrovo a ritornare ad un inizio, non certo a fermarmi, ma a ricominciare ad osservare tutto ciò che si ferma senza più, almeno per ora, inseguirlo. Ad accogliere chi non cerca una semplice riproduzione di un’immagine virtuale, digitale ma chi necessita di sentirsi attraverso un rito che trova radici in quel girotondo antico, in un luogo, in uno spazio fatto di luce.


Minutera Itinerante alla Deriva a Recanati Art Festival

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Argento

date » 02-02-2024 21:27

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𝚂𝚒 𝚙𝚛𝚎𝚙𝚊𝚛𝚊𝚗𝚘 𝚒 𝚕𝚒𝚚𝚞𝚒𝚍𝚒 𝚙𝚎𝚛 𝚕𝚘 𝚜𝚟𝚒𝚕𝚞𝚙𝚙𝚘, 𝚜𝚒 𝚜𝚒𝚜𝚝𝚎𝚖𝚊 𝚕𝚊 𝚌𝚊𝚛𝚝𝚊 𝚎 𝚕𝚊 𝚌𝚕𝚎𝚜𝚜𝚒𝚍𝚛𝚊, 𝚜𝚒 𝚙𝚘𝚜𝚊 𝚕𝚊 𝚜𝚌𝚊𝚝𝚘𝚕𝚊 𝚍𝚒 𝚕𝚎𝚐𝚗𝚘 𝚗𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚜𝚞𝚊 𝚋𝚘𝚛𝚜𝚊 𝚊𝚙𝚙𝚎𝚗𝚊 𝚌𝚞𝚌𝚒𝚝𝚊. 𝙽𝚎𝚕 𝚌𝚞𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚞𝚗 𝚙𝚊𝚛𝚌𝚘 𝚒𝚗𝚘𝚗𝚍𝚊𝚝𝚘 𝚍𝚒 𝚜𝚘𝚕𝚎, 𝚜𝚒 𝚎𝚛𝚐𝚎 𝚖𝚊𝚎𝚜𝚝𝚘𝚜𝚊 𝚞𝚗𝚊 𝚜𝚎𝚛𝚛𝚊 𝚍𝚒 𝚟𝚎𝚝𝚛𝚘 𝚎 𝚖𝚎𝚝𝚊𝚕𝚕𝚘, 𝚞𝚗 𝚕𝚞𝚘𝚐𝚘 𝚍𝚘𝚟𝚎 𝚕𝚊 𝚌𝚛𝚎𝚊𝚝𝚒𝚟𝚒𝚝𝚊̀ 𝚎 𝚕𝚊 𝚋𝚎𝚕𝚕𝚎𝚣𝚣𝚊 𝚜𝚒 𝚏𝚘𝚗𝚍𝚘𝚗𝚘 𝚒𝚗 𝚞𝚗 𝚒𝚗𝚌𝚊𝚗𝚝𝚎𝚟𝚘𝚕𝚎 𝚊𝚋𝚋𝚛𝚊𝚌𝚌𝚒𝚘. 𝚀𝚞𝚒, 𝚝𝚛𝚊 𝚒𝚕 𝚝𝚒𝚗𝚝𝚒𝚗𝚗𝚒𝚘 𝚍𝚒 𝚙𝚒𝚌𝚌𝚘𝚕𝚒 𝚟𝚘𝚕𝚊𝚝𝚒𝚕𝚒, 𝚒 𝚐𝚒𝚘𝚌𝚑𝚒 𝚍𝚒 𝚕𝚞𝚌𝚎 𝚎 𝚟𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚕𝚒𝚎𝚟𝚎 𝚝𝚛𝚊 𝚒𝚕 𝚜𝚊𝚕𝚒𝚌𝚎 𝚙𝚒𝚊𝚗𝚐𝚎𝚗𝚝𝚎 𝚎 𝚕'𝚘𝚍𝚘𝚛𝚎 𝚍𝚒 𝚙𝚒𝚊𝚗𝚝𝚎 𝚛𝚒𝚐𝚘𝚐𝚕𝚒𝚘𝚜𝚎, 𝚜𝚒𝚜𝚝𝚎𝚖𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚕𝚊 𝚕𝚊 𝚝𝚎𝚛𝚗𝚊 𝚖𝚊𝚐𝚒𝚌𝚊. 𝚁𝚒𝚝𝚛𝚊𝚝𝚝𝚒 𝚜𝚒 𝚊𝚗𝚒𝚖𝚊𝚗𝚘, 𝚎𝚜𝚙𝚛𝚎𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚒 𝚜𝚒 𝚏𝚊𝚗𝚗𝚘 𝚌𝚊𝚗𝚝𝚒 𝚜𝚒𝚕𝚎𝚗𝚣𝚒𝚘𝚜𝚒. 𝙲𝚘𝚗 𝚕'𝚊𝚛𝚐𝚎𝚗𝚝𝚘 𝚜𝚒 𝚏𝚘𝚛𝚖𝚊𝚗𝚘 𝚕𝚎 𝚜𝚏𝚞𝚖𝚊𝚝𝚞𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕'𝚎𝚜𝚒𝚜𝚝𝚎𝚗𝚣𝚊. 𝙲𝚘𝚗 𝚖𝚊𝚗𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚒𝚌𝚊𝚝𝚊 𝚎 𝚘𝚌𝚌𝚑𝚒𝚘 𝚊𝚝𝚝𝚎𝚗𝚝𝚘, 𝚜𝚒 𝚜𝚌𝚛𝚞𝚝𝚊 𝚗𝚎𝚕𝚕'𝚒𝚗𝚝𝚒𝚖𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚙𝚎𝚛𝚜𝚘𝚗𝚎, 𝚒𝚗 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚌𝚑𝚎 𝚜𝚒 𝚍𝚘𝚗𝚊𝚗𝚘, 𝚜𝚒 𝚙𝚘𝚗𝚐𝚘𝚗𝚘 𝚍𝚘𝚖𝚊𝚗𝚍𝚎, 𝚛𝚒𝚟𝚎𝚕𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚕𝚊 𝚌𝚘𝚖𝚙𝚕𝚎𝚜𝚜𝚒𝚝𝚊̀ 𝚎 𝚕𝚊 𝚋𝚎𝚕𝚕𝚎𝚣𝚣𝚊 𝚗𝚊𝚜𝚌𝚘𝚜𝚝𝚊 𝚍𝚒 𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚒𝚗𝚍𝚒𝚟𝚒𝚍𝚞𝚘. 𝚄𝚗 𝚜𝚘𝚛𝚛𝚒𝚜𝚘, 𝚞𝚗𝚊 𝚕𝚊𝚌𝚛𝚒𝚖𝚊, 𝚞𝚗'𝚘𝚖𝚋𝚛𝚊 𝚍𝚒 𝚖𝚊𝚕𝚒𝚗𝚌𝚘𝚗𝚒𝚊...𝙻𝚊 𝚜𝚎𝚛𝚛𝚊, 𝚌𝚘𝚗 𝚕𝚎 𝚜𝚞𝚎 𝚙𝚊𝚛𝚎𝚝𝚒 𝚝𝚛𝚊𝚜𝚙𝚊𝚛𝚎𝚗𝚝𝚒, 𝚍𝚒𝚟𝚎𝚗𝚝𝚊 𝚞𝚗 𝚌𝚘𝚗𝚏𝚎𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚊𝚕𝚎 𝚖𝚘𝚍𝚎𝚛𝚗𝚘 𝚒𝚗 𝚌𝚞𝚒 𝚜𝚒 𝚌𝚎𝚕𝚊𝚗𝚘 𝚜𝚝𝚘𝚛𝚒𝚎, 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚎 𝚍𝚎𝚜𝚒𝚍𝚎𝚛𝚒. 𝙻𝚞𝚌𝚎 𝚜𝚘𝚕𝚊𝚛𝚎 𝚏𝚒𝚕𝚝𝚛𝚊 𝚊𝚝𝚝𝚛𝚊𝚟𝚎𝚛𝚜𝚘 𝚘𝚐𝚗𝚒 𝚏𝚎𝚗𝚍𝚒𝚝𝚞𝚛𝚊, 𝚝𝚒𝚗𝚐𝚎𝚗𝚍𝚘 𝚐𝚕𝚒 𝚜𝚌𝚊𝚝𝚝𝚒 𝚍𝚒 𝚌𝚊𝚕𝚍𝚎 𝚜𝚏𝚞𝚖𝚊𝚝𝚞𝚛𝚎 𝚍𝚘𝚛𝚊𝚝𝚎. 𝙻𝚎 𝚏𝚘𝚝𝚘𝚐𝚛𝚊𝚏𝚒𝚎 𝚜𝚒 𝚝𝚒𝚗𝚐𝚘𝚗𝚘 𝚌𝚘𝚜𝚒̀ 𝚍𝚒 𝚞𝚗𝚊 𝚟𝚎𝚜𝚝𝚎 𝚙𝚘𝚎𝚝𝚒𝚌𝚊...
𝙰𝚌𝚌𝚊𝚍𝚎, 𝚚𝚞𝚒.
𝙾𝚛𝚊


Testo e foto di Maria Di Pietro

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Alla scoperta della Cupola cinquecentesca del Vasari a Pistoia

date » 17-07-2024 12:56

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La redazione di Arteventi news ha avuto la possibilità di vivere un’esperienza emozionante per la realizzazione di uno speciale sulla Cupola della Basilica della Madonna dell’Umiltà di Pistoia.
Un capolavoro architettonico che abbiamo avuto potuto di ammirare a partire dalla prima pietra che riporta la data del 1492 e che è visibile sulla parete esterna della Basilica.
Il percorso inizia in una piccola porticina in cui è necessario abbassarsi per entrare, quasi come se si fosse all’interno di un passaggio segreto, ci si ritrova dinanzi ad una scala a chiocciola che ci condurrà verso la sommità. La struttura ottagonale della cupola, con le sue nervature e le sue vele, è un esempio di architettura rinascimentale, ogni elemento è curato nei minimi dettagli e poter fare questo percorso è stato un vero e proprio viaggio nel tempo, dove si percepisce la grandezza del passato, la maestria degli antichi costruttori, la devozione dei fedeli che per secoli hanno pregato sotto questa volta celeste.
Il nostro “viaggio” che inizialmente prevede una scala a chiocciola che ci conduce al primo piano, ci da la possibilità di vedere dall’alto l’intero della Basilica; ma, è dopo la vista dell’antico organo che il percorso diventa più complicato snodandosi tra gradini alti, piccoli corridoi poco luminosi, passaggi stretti ed angusti mentre con mano continuiamo a toccare e a respirare il cinquecento.
Siamo curiosi e stupiti del percorso che stiamo facendo e man mano che ci avviciniamo, cresce l’emozione nel vedere sotto i nostri occhi un pezzo di storia della città pistoiese.
Nella parte finale, l’inclinazione è tale che per proseguire la salita dobbiamo percorrere dei gradini inclinati, si ha quasi la sensazione di abbracciare la cupola mentre ci avviciniamo… ad attenderci un’ultima scala che ci condurrà ad una piccola botola, ed è proprio lì la meraviglia, praticamente la botola si apre direttamente sulla lanterna in cima alla cupola, appena mettiamo il piede sull’ultimo gradino con gli occhi vediamo la città che si dispiega sotto di noi come un quadro dipinto, offrendo scorci suggestivi, i tetti di tegole rosse, il campanile svettante, il marmo bianco del Battistero, ogni dettaglio è ricoperto di bellezza. Percorriamo la lanterna in un girotondo rimanendo senza fiato con l’unica considerazione che la vera meraviglia è la cupola stessa, un’opera d’arte a cielo aperto, dove l’ingegno del Vasari si è intrecciato con la maestria dei costruttori toscani.
A quel punto con gli occhi pieni di arte e di bellezza riprendiamo la discesa che per alcuni versi è stata quasi più complicata della salita… ma ricchi dell’esperienza fatta e con la speranza che tutti coloro che si occupano della salvaguardia, tutela e conservazione della Cupola possano realizzare un progetto di valorizzazione per permettere ai pistoiesi e ai cittadini di tutto il mondo di poter vivere questa meravigliosa esperienza.


Testo di Felisia Toscano
Foto di Maria Di Pietro

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Louise Bourgeois: un viaggio nelle profondità della psiche umana

Il Museo Novecento di Firenze ospita attualmente una grande mostra dedicata alla vita e all’opera di Louise Bourgeois, una delle artiste più influenti del XX e XXI secolo. La mostra, intitolata Louise Bourgeois – Do Not Abandon me, è una retrospettiva completa che ripercorre i sette decenni di carriera dell’artista, presentando oltre 100 opere, tra cui sculture, disegni, installazioni e gouaches.
Bourgeois è stata una pioniera nell’esplorazione di temi personali ed emotivi nell’arte, utilizzando il suo lavoro per scavare nelle profondità della psiche umana. Le sue opere sono note per il loro potere viscerale e la capacità di evocare una vasta gamma di emozioni, dalla paura all’ansia, dall’amore alla nostalgia. Trae ispirazione dalle sue stesse esperienze di traumi infantili e perdite, ha frequentemente esplorato temi come l’abbandono, il tradimento e la ricerca dell’amore e dell’accettazione. La sua opera è una testimonianza della resilienza dello spirito umano e del potere dell’arte di guarire e trasformare. La mostra è un’occasione rara per vedere una panoramica completa del lavoro di Bourgeois e per acquisire una comprensione più profonda del suo processo artistico e del suo impatto sul mondo dell’arte.
Sono varie le sezioni presenti nel percorso espositivo: “il corpo”, dove esplora la forma umana, spesso in modi frammentati o distorti, analizzando le proprie lotte con l’immagine del corpo e il suo fascino per la fisicità dell’esistenza; la sezione “la cella”, dove si concentra sulle iconiche installazioni cellulari di Bourgeois, che ha creato come spazi sia di confinamento che di introspezione. Questi ambienti claustrofobici e inquietanti riflettono le proprie esperienze di trauma e isolamento dell’artista. La terza sezione, intitolata “il ragno”, è dedicata alle sculture di ragni di Bourgeois, che sono diventate uno dei suoi motivi più riconoscibili. Queste opere sono spesso viste come simboli di protezione, potere e creatività; la quarta e ultima sezione, è intitolata “la femme-enfant” e presenta opere che esplorano il rapporto tra madri e figli, opere spesso tenere e toccanti che riflettono il complesso rapporto di Louise con sua madre. Il lavoro di Bourgeois è profondamente commovente, e questa mostra offre uno sguardo completo sulla sua vita e sul suo processo creativo, offrendo ai visitatori un’esperienza profonda e stimolante.


Testo di Felisia Toscano
Foto di Maria Di Pietro

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Pop Art Italiana a Pistoia: un viaggio cromatico negli Anni 60

date » 17-07-2024 12:47

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tags » pistoia musei pop art mostra arte recensione anni 60 walter guadagnini,

Gli amanti dell’arte pop avranno l’occasione di immergersi in un vortice di colori e immagini iconiche grazie alla mostra “60 Pop Art Italia” allestita presso Palazzo Buontalenti a Pistoia. Dal 16 marzo al 14 luglio 2024, la mostra celebra la vivace scena artisticaitaliana degli anni ’60, un periodo di grande fermento culturale e sociale che ha visto l’esplosione della Pop Art.
Curata da Walter Guadagnini, l’esposizione presenta oltre 70 opere provenienti da importanti musei e collezioni private, offrendo una panoramica completa del movimento in Italia. Tra i protagonisti troviamo maestri affermati come Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Mimmo Rotella e Mario Ceroli.
Le opere in mostra spaziano da celebri rivisitazioni di immagini popolari a riflessioni più profonde sulla società e la cultura di massa.
Tra i pezzi iconici troviamo la “Marilyn” di Roberto Crippa, i rebus di Renato Mambor e i celebri manifesti di Mimmo Rotella.
Non mancano inoltre opere di artisti legati alla Scuola di Pistoia, un importante centro di sperimentazione artistica negli anni ’60.
“60 Pop Art Italia” non è solo una mostra, ma un vero e proprio viaggio nel tempo che ci riporta in un’epoca di grandi cambiamenti e innovazioni. E’ un’occasione imperdibile per ammirare capolavori assoluti dell’arte pop italiana e per approfondire la conoscenza di un movimento che ha segnato profondamente la storia dell’arte del Novecento.



Testo e foto di Felisia Toscano

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Un viaggio attraverso la fotografia senza tempo di Mimmo Jodice

date » 15-04-2024 00:06

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Le sale di Villa Bardini a Firenze ospitano una mostra imperdibile per gli amanti della fotografia: "Mimmo Jodice. Senza Tempo". Un'antologica che ripercorre la straordinaria carriera di questo maestro italiano, attraverso ottanta opere che spaziano dai suoi esordi negli anni Sessanta fino ai lavori più recenti.
La sua cifra stilistica è inconfondibile: immagini in bianco e nero, spesso caratterizzate da contrasti netti e giochi di luce e ombre, che catturano l'essenza del soggetto con una poetica senza tempo.
La mostra a Villa Bardini è un'occasione unica per ammirare alcuni dei suoi capolavori più celebri, oltre ad un omaggio a Michelangelo con le immagini scattate alla fine degli anni ottanta alle sculture presso le Cappelle Medicee.
Questa mostra rientra nel progetto “La Grande Fotografia Italiana” delle Gallerie d’Italia, che ha visto precedentemente protagonista Lisetta Carmi.
Le fotografie di Jodice non si limitano a documentare la realtà, ma invitano l'osservatore a una riflessione profonda. I suoi scatti catturano l'attimo fuggente, ma allo stesso tempo ci parlano di temi universali come la bellezza, la memoria, il tempo che passa.
"Mimmo Jodice. Senza Tempo" è una mostra che non deluderà gli appassionati di fotografia. Un'occasione imperdibile per immergersi nel mondo di questo grande maestro e scoprire la sua visione poetica.

Mimmo Jodice nasce a Napoli nel 1934, dove vive e lavora tutt'oggi. Si avvicina alla fotografia negli anni '50, frequentando il Circolo Fotografico Napoletano. Negli anni '60, le sue prime esposizioni lo fanno emergere come figura di spicco della fotografia italiana d’avanguardia. La sua ricerca fotografica si concentra sulla realtà urbana, con un occhio di particolare attenzione per la sua città natale, Napoli. Jodice cattura immagini di paesaggi, architetture e persone, utilizzando spesso inquadrature inusuali e giochi di luce e ombre per creare immagini poetiche e suggestive. Nel corso della sua carriera, Jodice ha collaborato con alcuni dei più importanti artisti e intellettuali del suo tempo, ha anche realizzato diversi reportage fotografici, è considerato uno dei maestri della fotografia italiana contemporanea. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Nadar nel 1994 e il Targa d'Oro al Premio BFI di Londra nel 2008.
Le sue fotografie sono esposte in importanti musei e collezioni d'arte di tutto il mondo.


Testo e foto di Felisia Toscano

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Sylvain Bellenger: conferenza di saluti a Capodimonte

date » 15-04-2024 00:04

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Il prestigioso Museo di Capodimonte ha recentemente ospitato un evento straordinario: la conferenza di saluto tenuta da Sylvain Bellenger, il Direttore che ha guidato il museo per otto anni. Durante questa occasione, Bellenger ha presentato il suo nuovo libro Capodimonte 2015/2023 – Otto anni con Sylvain Bellenger, una testimonianza affascinante della sua esperienza e delle sfide affrontate nel corso del suo mandato. La conferenza, tenutasi in uno dei saloni affrescati del museo, ha attirato un pubblico diversificato di appassionati d’arte, accademici e semplici curiosi desiderosi di conoscere la prospettiva unica di Bellenger sulla direzione di uno dei musei più importanti d’Italia. Il Direttore ha iniziato il suo discorso con una riflessione sulle ricchezze artistiche di Capodimonte, sottolineando l’importanza di preservare e promuovere il patrimonio culturale della regione. Ha parlato delle numerose mostre e iniziative che hanno caratterizzato il suo mandato, enfatizzando la sua dedizione a rendere il museo accessibile a un pubblico più ampio e diversificato. Il volume realizzato per raccontare l’esperienza napoletana offre una visione approfondita del dietro le quinte, evidenziando i momenti di gioia, le sfide impreviste e le decisioni difficili che ha dovuto affrontare nel corso degli anni. Il Direttore ha commentato così ai microfoni Rai il tempo trascorso qui “questi otto anni per me sono stati otto minuti”, sottolineando l’importanza continuare a creare connessioni sempre più forti tra il museo e la comunità locale, incoraggiando la partecipazione attiva degli abitanti di Napoli e dei visitatori internazionali. La conferenza si è conclusa con l’augurio, per Capodimonte e per la città, di valorizzare sempre più uno dei musei più importanti d’Italia.

Testo di Felisia Toscano

Foto di Maria Di Pietro

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Mario Carnicelli: incontro tra fotografie e racconti

date » 05-06-2024 13:45

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Andare a casa di Mario Carnicelli, significa oltrepassare la soglia del confine tra una mostra fotografica e la storia di quegli scatti.
Vuol dire sedersi ed entrare nel suo mondo, quello del viaggio in America, quello dei funerali di Togliatti, quello del racconto, del documento, dell’archivio. Guardarsi intorno e vedere sulle pareti dai colori caldi stampe degli anni 60′ e 70′ e riflettere su quanto il bianco e nero sia ancora contemporaneo, così “presente” da farti entrare in punta di piedi nella sua fotografia.


Tra gli scatti di Togliatti, incuriosita chiedo a Mario: qual è la tua fotografia prima di questa importante documentazione?
Mario, sorride: “La mia fotografia è sempre la stessa, è l’umanità. Sin da ragazzo, quando ho iniziato a fotografare mi soffermavo sulla figura dell’uomo. E’ come se negli occhi degli altri riuscissi a riflettere me stesso. Con la fotografia ho una relazione da tantissimi anni, ero bambino quando per la prima volta entrai furtivamente nella camera oscura di mio padre, in sua assenza, e di nascosto da mia madre”. Provai ad inserire un “foglio”, l’immagine si impressionò subito su di esso e fu per me una gioia immensa.


Cosa ha significato per te, professionalmente ed emotivamente, essere l’autore delle fotografie del funerale di Togliatti?
“Andai ai funerali di Togliatti non per fotografare, ma per partecipare ad un grande evento, mi recai giorni prima della data stabilita, per scrutare, per osservare. Arrivarono persone da tutta l’Italia, ma anche dall’estero, in particolar modo dalla Svizzera.
Non immaginavo di vedere una stratificazione sociale così evidente, ricordo i loro sguardi che sembravano essere rivolti a me mentre ero tra la folla con loro, ma questa sensazione durava pochi secondi, quello che guardavano era solo quella grande e sentita emozione.
Tutti erano lì per lo stesso motivo, e non era il funerale o la funzione religiosa, ma il voler dare l’ultimo saluto ad un compagno.
Dai borghesi alle istituzioni, dagli artisti al popolo, non mancava proprio nessuno”.


Facciamo un viaggio, andiamo in America, qual è la tua fotografia preferita nei tuoi scatti americani?
“Forse non ne ho una preferita, ma semplicemente una di cui sono particolarmente geloso! Ritrae una fabbrica all’interno di uno stabile, dove ci sono muratori di colore bianco e committenti neri. Era evidente in questa foto un capovolgimento culturale, quella scena si impressionò nella mia macchina come il ritratto di un’umanità che cominciava ad essere rispettata”.


Cosa pensi della fotografia contemporanea, in che posizione ti poni nei confronti dei nuovi talenti?
“Tra i vari settori della fotografia, quello del reportage è di sicuro quello che più mi piace e che più seguo. Fotografare significa documentare e oggi è una ricchezza! Ma se dovessi dare un consiglio ai giovani fotografi direi che occorre senz’altro documentarsi, conoscere! Solo mettendo dentro la conoscenza può venire fuori qualcosa senza emulare, ma riuscendo ad esprimere quello che si ha da dire con consapevolezza”.

Aprile 2016
Felisia Toscano
Foto di Maria Di Pietro

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